Di Paola Riccardo - Abiogenesi e poesie per Cecilia

abiogenesi e poesie per cecilia

Riccardo Di Paola: una stella cadente in una notte d'estate. Una persona splendente di doti eccelse stroncata tragicamente in estate per un incidente in un viaggio in Africa assieme alla moglie. Animo delicato, sensibile e profondo, aveva una ricca vita interiore. Incline alla malinconia, aveva mostrato sin da giovane una spiccata inclinazione per gli studi classici, e divenne professore di latino e greco, riscuotendo un vivo apprezzamento tra allievi e colleghi per la sua cultura e per la sua umanità. Insegnò con passione e con amore e un grande rimpianto lasciò alla sua morte nella scuola, al Liceo classico Manzoni di Milano, che gli intitolò poi l'Aula Magna e gli dedicò commosse e sentite parole. Fu un professore molto amato nella nativa Milano e rimpianto anche in Sicilia perché visse tanti anni a Palermo dove conseguì la laurea con il massimo dei voti e la lode. Si rivelò anche poeta. Scriveva di getto le sue poesie senza neanche titolo tanto erano immediate e le lasciava sparse senza prendersene cura. E' stata la sorella Daniela che le raccolse e ne fece un libro dal titolo tratto dai suoi versi "Abiogenesi" cui aggiunse "e poesie per Cecilia". La passione per i viaggi che compì numerosi e lontani nelle terre di Europa Asia America e Africa, lo condusse a morte quando aveva cinquantacinque anni e la moglie trentasei, dopo appena sei anni di matrimonio. Un grande amore quello per la moglie, la giovane Cecilia. Questa la sua vita che trascorse apparendo sulla terra quasi come una meteora. Ma che poeta fu Riccardo Di Paola? Potremmo senz'altro dire che è un poeta unico nel suo genere. La sua unicità consiste in un ermetismo diverso da tutti gli altri poeti ermetici. Il suo è l'ermetismo che può accostarsi solo al linguaggio del bimbo infante che si esprime in un modo tutto suo; per lui tutto è chiaro anche se agli altri risulta oscuro. Non solo. Il suo linguaggio ricorda quello dell'infante anche nel mischiare parole di diversa provenienza dall'italiano al siciliano oltre che parole da lui coniate e con carattere latineggiante o grecizzante. "Ah metropoli corrivo lupanare ... caravigghiari o intrepidi bottai ... domando ancora abiogenesi nascenti ... quasi nel sogno se riesci a imbellettarti". Le poesie sono distaccate l'una dall'altra da una linea numerata e sono -ripetiamo- senza titolo. Un'altra. "Oh la senna carare lungofosso ... adormente ti vedi manzacorsa ... petebat che belo veramente ... e salta fossa semèle trangugiona". E un ermetismo che fa tenerezza, perché sa di infanzia. E come per il bimbo, superata la prima fase, poi si scioglie via via in un linguaggio più chiaro e semplice, così avviene per Riccardo Di Paola. Man mano che si passa da un capitolo a un altro dell'Abiogenesi, segnato ciascuno dall'anno in corso, che va a partire da 1980 al 1997, anno in cui muore, e con l'inserimento anche di titoli diversi da Abiogenesi come Metamorfosi o Itache, il linguaggio si fa più scorrevole, piano e accessibile. Egli sparisce a poco a poco come poeta ermetico lasciando il posto a una poesia che va diritta al cuore e che culmina in un linguaggio estremamente terso, limpido e trasparente nella poesie per Cecilia. E come c'è gradualità nella espressione che via via si fa più tersa e chiara, così avviene per lo stato d'animo del poeta, prima intriso di malinconia e poi invece aperto alla gioia e alla letizia. Una riprova di questo passaggio si avverte nell'uso dei vocaboli; infatti nella prima parte ricorrono vocaboli quali noia nebbia pena autunno, o espressioni che indicano tristezza quali "il sogno si infrange", "non rimane che il nulla", "grigia questa vita". Il tripudio della felicità è invece nelle poesie per Cecilia. Frequenti i vocaboli che esprimono gioia: sorriso fata stella azzurro gelsomini profumi arcobaleni. Lo stacco tra la malinconia e la letizia sembra segnato dalla seguente poesia: "Erano giorni di vuoto silenzioso ... senza più stelle a incidere la sera ... quand'ecco un sogno strano vaporoso ... giunto coi canti della primavera" o anche da quest'altra: " E l'hai toccata Itaca l'hai vista ... immota in un tramonto senza tempo ... certo più bella del sogno d'un artista ... dopo sirene mareggiate e vento". Alla prima fase appartengono poesie come: "Piomba improvvisa la strega nei pensieri ... né tu t'arresti al moto inconcludente ... mentre fuggiasco ti delude l'ieri ... oggi ch'è giugno giorno senza niente" oppure" Come i canali lenti dell'infanzia /grigio sfumati in nebbie senza foci ... dall'orizzonte ultimo ch'avanza ... e poi s'allarga in gialle foglie e voci". Alla seconda fase invece: "Se la noia in danza si tramuta ... quasi il cielo volesse ribaltare ... nel giorno fatuo che lieve non t'aiuta ... e ti sorprende e non fa più male"; "Ecco la rosa seminata a maggio ... nel tremolare del vento vespertino ... quando ripensi a un perdurante viaggio ... spazzato via dal sole del mattino". La veste che avvolge le poesie di Riccardo Di Paola è una veste classica, senz'altro colta, dotta, certamente sostenuta, senza però essere ricercata o aulica. Si tratta di quartine di endecasillabi a rima alternata. L'atteggiamento di fondo del poeta è sempre quello del bambino, che non ricerca applausi e consensi, ma a cui preme soltanto esprimersi e comunicare. E' una poesia estremamente pura, sincera, cristallina, senza ombre, anche se a tratti oscura, ma sempre con trasparenza di intenzione. E' un poeta autentico. Un puro, un uomo limpido in cui c'è perfetta sintonia tra la parola e il cuore. Nelle poesie a Cecilia egli raggiunge il vertice. Le rivolge espressioni pregne di ammirazione: Tu bianca come stella del mattino" "Tu rugiadosa ed esile sirena simile a danza di fiori profumati". I giorni accanto a lei passano lieti. "Il tuo sorriso luminoso e azzurro ... non offre che giornate senza vento ... nell'oscillare di un limpido sussurro ... che incenerisce la tristezza e il tempo" "e c'è una luna ferma sopra il ponte ... sempre ridente e sempre inargentata". Ma all'improvviso un fulmine a ciel sereno: la morte. Già quasi ne aveva avuto un presagio in versi che fanno rabbrividire: "E' finita l'estate come tutto ... il vento il mare la nostra poesia ... e non vedo che un cielo volto al lutto ... ora che torna già malinconia". E ancora "Sarà l'ultima estate a separarci ... l'ultima estate di tante già vissute ... noi che tardammo forse a rinnovarci ... tra vecchie strade tra oasi sperdute" e Infine "Oltre la luna e oltre le comete ... in un rifugio che sognammo nostro ... ora che ridi e sfiori nuove mete ... come una notte d'Africa e d'agosto".

Maria Elena Mignosi

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