Di Stefano Giuseppe - C'era 'na vota 'na lumera antica

Un suggestivo titolo in vernacolo "C'era 'na vota 'na lumera antica", ci riporta ad una atmosfera del passato, precisamente al mondo del primo Novecento. L'autore Giuseppe Di Stefano, e anche Leone Pio, in memoria dei due Papi, in morte e all'avvento dei quali egli nacque, nativo di Ciminna, impiegato comunale, felicemente coniugato e padre di sei figlie, narra in prima persona le vicende della sua vita: gli studi, il lavoro, il matrimonio. Alla narrazione in prosa egli intercala delle poesie, in dialetto siciliano e anche alcune alla fine in lingua italiana, perché la sua passione è la poesia. Ma anche la musica. Studia violino e accompagna con questo la moglie al pianoforte, in una armonia che hanno sempre vissuto, non solo nella musica ma anche nella vita. E poi anche, tra le sue passioni il teatro, cui l'aveva introdotto il padre che, avvocato, si dedicava per diletto alla recitazione. L'opera si impernia per lo più sui suoi rapporti di lavoro: le sedi in cui si insediò, tra le quali Alia, Ventimiglia dove conobbe la moglie dando vita ad una "azienda familiare": sei figlie, due nonni, la tata, la colf, i mezzadri. Era la moglie che si dedicava principalmente alla famiglia, e lui alle cose esterne, come era consuetudine allora. Perciò nel libro egli parla più che altro della sua attività, svoltasi in vari paesi della Sicilia, nella provincia di Palermo. Dalla esposizione della sua esistenza come funzionario del Municipio, affiora anche la storia di quel periodo, l'avvento del Fascismo, La Prima Guerra Mondiale, con tutte le ripercussioni che la mentalità del tempo apportava non solo sulle singole persone ma anche nella vita del paese, in Sicilia, nella quale anche aveva il suo peso la mentalità provinciale, allora più marcata che adesso. Dalle vicende della sua vita e dal suo comportamento, risalta una figura di uomo come si diceva allora di "galantuomo"; una persona corretta, di buoni sentimenti, umana e affabile. Risalta il senso dell'amicizia, il senso del dovere, unito a una grande carica di umanità. Dietro le carte con cui aveva a che fare in ufficio, egli scorgeva le persone con le loro preoccupazioni, i loro problemi, le ansie, le debolezze. E in più di una volta egli, intuendo le circostanze concrete, e le difficoltà, intervenne con la sua saggezza e la sua comprensione, a risolvere vari casi umani, piuttosto complessi e difficili. Era una persona responsabile, ma non pesante, anzi, con i suoi versi che sciorinava al momento opportuno, alleggeriva l'atmosfera e nel contempo, non si esimeva dal dire bene al bene e male al male. Non manca la satira nel tratteggiare certi personaggi, colleghi di lavoro, né l'ironia e neanche il sarcasmo. E talvolta l'umorismo. E' una gradevole lettura che scorre piana nella nostra lingua e anche nel dialetto. E' un tuffo in un mondo che a noi è arrivato tramite nonni e genitori, e che tuttora vive nelle generazioni cui essi hanno saputo infondere, con la loro testimonianza di vita, i valori quali la fede, la famiglia, il lavoro.

Maria Elena Mignosi

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